Sentenza n. 67 del 1966
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SENTENZA N. 67

ANNO 1966

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dei decreti del Presidente della Repubblica 9 maggio 1961, n. 803, e 2 gennaio 1962, n. 346, contenenti norme sul trattamento dei lavoratori dipendenti, rispettivamente, da imprese della macinazione e pastificazione e da ristoranti e imprese similari, promossi con due ordinanze emesse dal Pretore di Campobasso il 6 maggio 1965 nel procedimento penale a carico di Martino Nicola e il 26 aprile 1965 nel procedimento penale a carico di De Franceschi Maria, iscritte ai nn. 92 e 107 del Registro ordinanze 1965 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 151 del 19 giugno 1965 e n. 178 del 17 luglio 1965.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udita nell'udienza pubblica del 17 maggio 1966 la relazione del Giudice Giuseppe Chiarelli;

uditi i sostituti avvocati generali dello Stato Michele Savarese e Francesco Agrò, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Nel procedimento penale a carico di Nicola Martino, imputato, ai sensi dell'art. 8 della legge 14 luglio 1959, n. 741, di non aver adempiuto agli obblighi di cui al contratto collettivo 1 ottobre 1959 per i dipendenti da imprese della macinazione e della pastificazione, il Pretore di Campobasso, con ordinanza 6 maggio 1965, ha sollevato d'ufficio questione di legittimità costituzionale dell'articolo unico del D.P.R. 9 maggio 1961, n. 803, che ha recepito in legge le clausole del detto contratto collettivo.

Rileva il Pretore che tale decreto fu emanato in dipendenza dell'art. 2 della legge 1 ottobre 1960, n. 1027, la quale prorogò di quindici mesi il termine per l'esercizio della delega conferita al Governo con la ricordata legge n. 741. Se non che, secondo l'ordinanza, il detto decreto presidenziale sarebbe stato emanato oltre i limiti temporali di esercizio legittimo della delega, in quanto i quindici mesi di proroga avrebbero avuto come termine di decorrenza l'entrata in vigore della legge n. 741, e sarebbero perciò scaduti il 3 gennaio 1961. Il decreto stesso avrebbe perciò violato la legge di delega.

L'ordinanza é stata regolarmente notificata e pubblicata.

Si é costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, con atto di intervento e deduzioni, depositato il 24 giugno 1965.

Con tale atto si sostiene che l'assunto del Pretore é resistito sia dalla lettera che dalla ratio della legge di proroga 1 ottobre 1960, e si chiede pertanto che la questione sia dichiarata infondata.

Analoga questione di legittimità costituzionale é stata sollevata dallo stesso Pretore di Campobasso, con ordinanza del 26 aprile 1965, nel procedimento penale a carico di Maria De Franceschi, imputata di violazione delle clausole del contratto collettivo 15 maggio 1959, per i dipendenti da ristoranti e imprese similari, recepite in legge con D.P.R. 2 gennaio 1962, n. 346.

L'ordinanza é stata regolarmente notificata e pubblicata.

Anche in questa causa si é costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, con atto di intervento e deduzioni depositato il 12 luglio 1965. Con esso si chiede che la questione sia dichiarata infondata, in base alla interpretazione dell'art. 2 della legge di proroga, che si presenta come la sola consentita dalla lettera della legge stessa.

 

Considerato in diritto

 

Le cause, unitamente trattate, hanno per oggetto una analoga questione di legittimità costituzionale, e possono perciò essere decise con unica sentenza.

La legge 14 luglio 1959, n. 741, contenente norme transitorie per garantire minimi di trattamento economico e normativo ai lavoratori, stabiliva all'art. 6 che i decreti legislativi previsti dal primo articolo dovevano essere emanati entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge stessa. La successiva legge 1 ottobre 1960, n. 1027, disponeva all'art. 2 che il predetto termine era prorogato "di quindici mesi".

Secondo l'ordinanza, tale disposizione sarebbe da intendere nel senso che i quindici mesi si dovrebbero computare a partire dalla data di decorrenza del termine di un anno, già previsto dalla legge n. 741.

Ma la tesi é infondata.

Le parole adoperate dalla legge di proroga non danno luogo a dubbi sulla intenzione del legislatore, che era di prorogare di altri quindici mesi il predetto termine di un anno, e non già di portare a quindici mesi il periodo di tempo inizialmente previsto come utile per l'esercizio, da parte del Governo, del potere ad esso delegato.

Tale sicura interpretazione letterale é confermata dalla ragione della legge, considerata in relazione alle circostanze in cui fu emanata, risultanti anche dai lavori preparatori, e in relazione all'esigenza a cui essa corrispondeva di dar modo al Governo di completare, mediante l'esercizio della delega, la sua opera di emanazione di norme conformi ai contratti collettivi, ai sensi della legge n. 741.

La questione é pertanto infondata, e si deve conseguentemente riconoscere che nell'emanazione dei decreti in esame é stato rispettato il termine previsto dalla legge di proroga.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riunite le cause,

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale proposta con le ordinanze in epigrafe indicate, in relazione all'articolo unico del D.P.R. 9 maggio 1961, n. 803, e all'articolo unico del D.P.R. 2 gennaio 1962, n. 346, contenenti norme sul trattamento dei lavoratori dipendenti, rispettivamente, da imprese della macinazione e pastificazione e da ristoranti e imprese similari.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 1 giugno 1966.

 

Gaspare AMBROSINI - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO

 

Depositata in cancelleria il 10 giugno 1966.